Sapevate che in Italia è più probabile morire colpiti da un fulmine per strada che contrarre una malattia infettiva con una trasfusione?
Tutto ciò si deve al progresso nella sensibilità degli esami di laboratorio
ma anche alla grande responsabilità di noi donatori, primi garanti della
qualità del sangue donato.
Prima che ogni sacca di sangue o di plasma venga validata, infatti, è necessario accertarne la negatività ai test sierologici e alla NAT (sensibilissimo test che rileva anche piccole tracce di genoma virale nel sangue) relativi a quattro malattie infettive trasmissibili attraverso il contatto con il sangue di un’altra persona: epatite B, epatite C, sifilide e HIV. I donatori che si espongono a un rischio per la trasmissione di queste malattie (a seguito di rapporti sessuali con una persona nuova, interventi chirurgici, endoscopie, applicazione di piercing, tatuaggi ecc…) devono osservare un periodo di sospensione temporanea di 4 mesi dall’evento a rischio prima di ricominciare a donare: l’attesa di 4 mesi consente infatti di evitare il cosiddetto “periodo finestra” in cui c’è una piccola probabilità che l’infezione sia presente ma non venga rilevata con i test di laboratorio.
Stili di vita che implichino un’attività sessuale promiscua o con scambio di denaro, così come il consumo di droghe per via endovenosa, sono invece incompatibili con il mantenimento di un’elevata sicurezza del sangue donato e comportano, pertanto, la sospensione definitiva del donatore.
(Dott. Giovanni Bonvento – Medico Selezionatore Avis Scicli)