Nei giorni scorsi il presidente Nazionale, Gianpietro Briola, è intervenuto in audizione al Senato portando l’esperienza e la visione dell’associazione su tematiche di importanza strategica per la stabilità dell’intero sistema sanitario

Ripensare e riscrivere il concetto di “medicina territoriale”, ancora troppe volte identificata con il ruolo del semplice medico di base. Sensibilizzare il sistema Paese sull’importanza di proseguire l’impegno comune verso il raggiungimento dell’autosufficienza di farmaci plasmaderivati e, ancora, integrare AVIS all’interno delle Case di Comunità per contribuire a valorizzarne e promuoverne il ruolo di riferimento nei vari territori.

Sono alcune delle proposte presentate dal presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, nel corso dell’audizione in Senato nei giorni scorsi in merito al DDL sul “Potenziamento della medicina territoriale”. Sulla scorta dell’esperienza vissuta durante il periodo della pandemia, Briola ha sottolineato come la necessità di incardinare la medicina territoriale non solo come specialità medico-scientifica, ma anche sotto il profilo strutturale, sia prioritaria «per i cittadini in cerca di risposte sanitarie o supporti sociali e assistenziali in rete. L’obbiettivo è quello di garantire dei LEA (livelli essenziali di assistenza, ndrterritoriali ben definiti e uniformi, in grado di superare le diverse organizzazioni sanitarie delle singole regioni». Anche per quel che riguarda il ruolo dei singoli medici. Un supporto, in tal senso, potrebbe arrivare dall’implementazione di sistemi di intelligenza artificialetelemedicina e teleconsulto, «in quanto i dati informatizzati in rete sarebbero più fruibili e facilmente consultabili. Inoltre – ha sottolineato – la Rete di medicina territoriale “Salute Globale” (One Health), composta dai medici del ruolo unico di assistenza primaria, deve essere strutturalmente integrata con la partecipazione dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali interni e delle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, nonché con il Dipartimento di prevenzione per gli interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria».

Un momento dell’audizione in Senato del presidente Briola

Da qui la proposta di integrare, all’interno delle Case di Comunità e loro articolazioni, AVIS o altre associazioni di volontariato, allo scopo di «favorire e valorizzare il ruolo di queste strutture e presidi socio-sanitari, promuovendone la visibilità, la vivibilità e la funzione di riferimento nei territori in cui si trovano». Un modo per sensibilizzare anche sull’importanza della donazione di sangue e plasma e, soprattutto, dei medicinali plasmaderivati. Il costante aumento del fabbisogno globale di emocomponenti e farmaci che ne derivano, in aggiunta all’invecchiamento della popolazione, pone sfide cruciali per il nostro sistema trasfusionale. «Per garantire la sua sostenibilità – ha spiegato Briola – è prioritario intervenire su due fronti interconnessi: la rimodulazione dei rimborsi destinati ad associazioni e federazioni dei donatori di sangue e plasma, e il potenziamento della loro presenza capillare sul territorio. L’adeguamento dei rimborsi e l’utilizzo di spazi comuni e condivisi, commisurato all’inflazione e ai crescenti costi operativi sostenuti dagli Enti del Terzo Settore, rappresenta un investimento strategico che, oltre a rafforzare il sistema, favorirebbe un incremento significativo della raccolta di plasma, avvicinando il Paese all’ambizioso traguardo dell’autosufficienza nazionale. La necessità di aumentare la raccolta di plasma – ha aggiunto – nasce dall’importanza vitale del sangue e del plasma non solo nelle emergenze, ma anche nel trattamento di numerose condizioni cliniche acute e croniche tramite i medicinali plasmaderivati».

È quindi evidente come la strada verso l’autosufficienza nazionale nella raccolta di plasma debba passare anche attraverso un radicamento territoriale capillare delle associazioni dei donatori e dei centri di raccolta: «Ottimizzare l’organizzazione dei punti di prelievo, ampliare gli orari di apertura e adottare strategie mirate per intercettare le nuove abitudini dei donatori sono passi fondamentali per rendere la donazione più accessibile e comoda possibile – ha concluso – Le attività di raccolta di sangue e plasma rappresentano infatti la risposta di breve e lungo periodo ai bisogni sociosanitari del territorio, garantendo contemporaneamente prestazioni di emergenza/urgenza e la continuità terapeutica per persone con patologie genetiche, croniche e rare».

Tre, per raggiungere questi obiettivi, sono gli interventi strategici proposti da AVIS:

  • Incremento della raccolta di plasma sul territorio: favorire la produzione di medicinali plasmaderivati con plasma raccolto in Italia da donatore volontario, invece dell’acquisto sul mercato farmaceutico internazionale.
  • Rimodulazione dei rimborsi: adeguare i rimborsi riconosciuti alle associazioni del volontariato, tenendo conto dei costi operativi effettivi e del mutato contesto economico per garantire la sostenibilità del sistema.
  • Potenziamento dell’accessibilità: migliorare l’accessibilità ai centri di raccolta attraverso modelli organizzativi più flessibili e una maggiore presenza delle associazioni sul territorio, prevedendo l’inserimento dell’attività di raccolta sangue e plasma nelle Case di Comunità.

(Fonte: Sito Avis Nazionale)